News
L’aforisma di Oscar Wilde e la deduzione dei costi
Forse aveva ragione Oscar Wilde, quando diceva che "Le buone intenzioni
sono inutili tentativi di interferire con le leggi scientifiche". Però, per
sostenerlo, bisognerebbe prima dimostrare che nel fisco italiano possano
esistere leggi scientifiche e che una di queste sia la legge della
complicazione.
La situazione pratica sembrerebbe dare ragione allo scrittore irlandese: le
buone intenzioni sono chiaramente manifestate in un passaggio della delega fiscale
(segnatamente, l'articolo 12 comma 1 lettera c) della legge 23/14), in cui si
sostiene che l'intervento dei decreti delegati dovrebbe portare semplificazioni
nella deduzione di alcuni costi dal reddito di impresa.
Si fa rifermento in modo specifico, tra gli altri, agli ammortamenti e a «particolari tipologie di
costi».
Tutti abbiamo in mente gli esempi più diffusi di beni in cui i costi sono
deducibili in una certa percentuale (telefonini) o con la doppia regola di una
percentuale applicabile a un importo massimo riconosciuto dal fisco
(autovetture). Da sempre le imprese sostengono che la gestione fiscale di
questi beni costituisce un costo aggiuntivo in termini di complicazioni e di
adempimenti. Sulle auto, poi, si applicano percentuali ridotte di deducibilità
a importi così bassi di costo tali da rendere il recupero fiscale sugli
ammortamenti annui praticamente inapprezzabile. Spesso si verifica che qualche
contribuente rinuncia alla deduzione del costo piuttosto che perdere tempo nei
calcoli e prendersi rischi di contestazioni future.
Questo impianto normativo bizantino deriva dalla preoccupazione storica che il
contribuente italiano finisca per dedurre dal reddito di impresa costi riferiti
alla sua sfera personale, come appunto nel caso della parte privata dell'uso
promiscuo dell'auto o del telefonino. Non riuscendo a contrastare il fenomeno
sul campo, e cioè mediante gli accertamenti, sono state create, come di
consueto, norme preventive di limitazione.
La visione che la norma fiscale ha del sistema impresa è più che arcaica: si
pensa costantemente a un imprenditore individuale che punta ad approfittare
dell'intestazione all'impresa anche dei beni personali per recuperare costi
deducibili. Il mondo è leggermente diverso, se solo si pensa che le grandi e le
medie imprese sono le prime, oggi, a prevenire utilizzi non aziendali dei beni
a disposizione di dipendenti, amministratori, soci, imprenditori.
La norma della legge delega puntava a un obiettivo che viene enunciato da anni:
prevedere che la deduzione dei costi non debba essere calcolata per ogni
singolo bene, ma che possa trovare un limite semplicemente nella dimensione
dell'impresa. In altri termini, è possibile stabilire che tutti i costi per
tutti i beni a uso potenzialmente promiscuo siano deducibili nei limiti di una
data percentuale del volume di ricavi. Si tratterebbe di fare un semplice
confronto tra due importi in sede di dichiarazione dei redditi, senza altre
complicazioni.
Un bella semplificazione nei calcoli, senza perdere l'effetto di prevenzione,
visto che i contribuenti più piccoli sarebbero comunque limitati nei loro
comportamenti potenzialmente elusivi dalla presenza di una soglia di deduzione
comunque bassa (visto che di solito le micro imprese non hanno volumi elevati
di ricavi). Una bella intenzione, appunto; allo stato attuale anche un inutile
tentativo, per dare ragione a Oscar Wilde.