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L'imprenditoria post covid e la necessità di analizzare il proprio modello di business

 

Nel 1982 molti credettero che l’imprenditoria fosse un gioco ormai risolto. Due famosi consulenti di McKinsey, Tom Peters e Robert H. Waterman Jr. avevano appena pubblicato un libro che rivelava 8 principi che chiunque poteva comprendere e replicare per avere successo nel mondo degli affari.

In Search Of Excellence, pubblicato da Harper Collins, vendette copie su copie, e ebbe il merito (?) di rendere forse per la prima volta pop l’imprenditoria introducendo i primi slogan e mantra: “stick to the knitting” era il più gettonato.


Erano tempi duri per gli Stati Uniti che per la prima volta vedevano minacciata la propria supremazia e iniziavano sempre più a subire la pressione dell’economia giapponese. Forse anche per questo gli autori abbandonarono la strada di una ricerca metodica in favore di facili formule, finendo con il senno di poi per condensare un libro di suggerimenti, né giusti né sbagliati, di taglio molto più motivazionale che imprenditoriale.

Intervistato nel 2011 Tom Peters ammise di aver scelto 30 aziende di cui aveva sentito parlare bene e di averne scritto sopra, cercando innanzitutto di creare una bella storia.

Entro due anni dalla pubblicazione, solo cinque di queste aziende registrarono un aumento di fatturato, la maggior parte invece iniziò a precipitare sino a sparire.


Quasi dieci anni dopo dal libro di Peters e Waterman Jr., un nuovo libro rubò le copertine internazionali e l’attenzione degli imprenditori: “Good To Great” del leggendario Jim Collins. Anche qui però la strada fu simile: Collins cercò di estrapolare formule generali dalle aziende che sino a quel momento avevano avuto successo.

E anche qui l’esito fu più o meno lo stesso: solo sei delle sedici società "visionarie", presentate nel libro, erano al passo con la media del mercato Standard & Poors 500.


Phil Rosenzweig, ha una teoria per spiegare “gli errori” di questo genere di libri e lo ha ampiamente spiegato in un libro di grande successo: The Halo Effect.

L’errore sta nel lasciare che il successo, a volte veloce ma temporaneo di qualche azienda, diventi una strada da seguire e che si perda il nesso tra correlazioni e causalità.



Oggi, in un momento straordinario e di grande complessità come il post Covid, rischi simili sono dietro l’angolo.

L’errore di idealizzare il successo e le singole decisioni di pochi imprenditori di grande visibilità, seguire in maniera ossessiva la strategia di Google, di Airbnb, di Amazon o della nuova super startup del momento.



È un problema: nella maggior parte dei casi la nostra azienda non è Google.

Ha dimensioni diverse, mercati diversi, esigenze diverse.

 



Le storie dei fondatori, le strategie di rilancio, diversificazione o fiscali di queste grandi aziende non contengono alcuna formula vincente o replicabile.

A meno che non se ne comprendano le logiche sottostanti e si ha la reale capacità di traslarle sul proprio mercato, sono solo storie.

Storie che ottengono grande copertura mediatica ma che non fanno altro che alimentare quello che anni fa Morra Aarons-Mele, su un articolo di Harvard Business Review, definì "porno imprenditoriale”: “avviare e gestire una piccola impresa è diversa dalla fantasia che ci raccontano”.

 

 

In un momento come questo non ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di tutt’altro.

Di concretezza. Di attinenza. Di metodo.

 

 

 

 

 

[Fonte: Beople.it]

 

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